Per alcuni giorni abbiamo assistito per televisione, in internet o sui giornali alla riunione del G20 a Venezia che ha dato i suoi frutti. Fortemente voluto dagli Stati Uniti la proposta di una Global Minimum Tax per le grandi compagnie mondiali ha avuto l’approvazione di ben 131 dei 139 Paesi coinvolti, ma all’appello mancano ancora tre nazioni dell’Unione Europea e cioè: Irlanda, Ungheria ed Estonia. Nel prossimo summit del G20, che si terrà a Roma in ottobre, dovranno essere definite le normative che serviranno per l’applicazione della nuova imposta.
Cos’è la Global Minimum Tax
E’ una tassazione che ha lo scopo di rendere meno appetibile, per le multinazionali, stabilire le loro sedi nei vari paradisi fiscali, dove hanno trovato il sistema di aggirare l’imposizione fiscale grazie anche alle convenzioni internazionali, le quali stabiliscono che il reddito di un’impresa possa essere sottoposto a tassazione in uno stato diverso da quello di residenza solo se sia riconducibile ad una stabile organizzazione (ossia con una sede fissa o stabile nello spazio e nel tempo) sita in uno Stato diverso da quello di residenza, collegata all’esercizio normale dell’impresa e sufficiente a produrre reddito, in cui l’impresa stessa esercita in tutto o in parte la sua attività. Quindi, teoricamente nessuna doppia imposizione fiscale potrebbe essere possibile.
E’ inequivocabile che rifugiarsi nelle convenzioni internazionali permette di poter aumentare gli utili, perché sono al netto di tasse non pagate. Le condizioni alle quali sono assoggettate per esempio le Big Tech si discostano da una tassazione ordinaria ed ogni anno, anche grazie alla possibilità di intrecci finanziari e trasferimenti di società, in paesi off shore permette loro di superare “legalmente” tutte le imposizioni fiscali, la riprova la troviamo nei passi successivi.

Cosa prevede nello specifico
Dal 1° gennaio 2023 tutti i BIG con un fatturato superiore ai 20mliardi di dollari saranno tassati con il 15% della nuova imposizione fiscale ed il 20% di quanto ricavato verrà destinato ai paesi dove si è realizzato un ricavo superiore al milione di euro o di 250.000 euro se il PIL è inferiore ai 40 miliardi di euro. Proviamo a pensare che ogni anno sfuggono alla tassazione circa 100 miliardi di dollari di profitto e si prevede un gettito di circa 150 miliardi di dollari che si aggiungerebbe all’attuale introito, però tutto dipende molto dalla base imponibile. Ovviamente, con questa tassa verranno abrogate tutte le digital web tax dei singoli Stati, Italia compresa, una volta che la Global Minimum Tax sarà operativa.
La fine del profit shifting?
Questo non è dato ancora sapere. Una volta entrata in vigore la tasssazione si potrà valutare l’efficacia della Global Minimum Tax. Un’altra preoccupazione è che questi giganti del web possano superare il PIL di molti Paesi e di conseguenza possano influenzare le varie economie. Una scelta così drastica permetterebbe, soprattutto ai Paesi come gli USA, di poter avere dei ricavi finanziari interessanti da poter investire in:
- investimenti pubblici
- trasporti
- energia pulita
- incentivi al ceto medio ed ai lavori dipendenti.
I pareri di alcuni esperti ci dicono che la Global Minimum Tax potrebbe non essere così efficace nei confronti delle multinazionali e contemporaneamente potrebbe non introitare quanto preventivato. Come al solito le facce della medaglia sono due: conseguenze positive o negative per l’economia? Possiamo concludere dicendo che una prima verifica la si può fare nel momento in cui verranno presentate le normative per l’applicazione il nuovo balzello, che dovrebbe, tra l’altro, superare la doppia imposizione fiscale.